Avvolgere nel segreto i premi dei tornei organizzati all’estero è una prima rudimentale soluzione per affrontare il problema delle tasse sul poker live, una soluzione che però rischia di generare più danni di quanto in realtà riesca a risolvere.
Avvolgere nel segreto i premi dei tornei organizzati all’estero è una prima rudimentale soluzione per affrontare il problema delle tasse sul poker live, una soluzione che però rischia di generare più danni di quanto in realtà riesca a risolvere.
Avvolgere nel segreto i premi dei tornei organizzati all’estero è una prima rudimentale soluzione per affrontare il problema delle tasse sul poker live, una soluzione che però rischia di generare più danni di quanto in realtà riesca a risolvere.
I costumi cambiano, si sa, le mode con loro, ma solitamente si tende a progredire verso il meglio, quasi che con una mossa darwiniana si cerchi sempre di trattenere ciò che è meglio – o più funzionale – per noi o per la categoria che occupiamo. Non sembra essere però il caso del poker live, che dopo anni di fulgido splendore è stato costretto a una regressione che va a innescare le dinamiche del segreto attorno al prizepool degli eventi e ai premi individuali elargiti ai giocatori.
La novità è, chiaramente, una prima e rudimentale risposta degli organizzatori all’iniqua tassazione cui lo stato sta cercando di sottoporre i giocatori che abbiano riportato vincite all’estero, una soluzione che però lascia parecchi dubbi, di vario genere.
La legge è uguale per tutti. Poker a parte.
In primo luogo il rilievo editoriale dei tornei e la loro spendibilità. Il businness di un torneo di poker non è più incentrato sul suo mero svolgimento. Diritti televisivi, seguito da parte della stampa e degli appassionati rivestono infatti un ruolo centrale nel decretare il successo o l’insuccesso di un torneo che, in quest’ottica, diviene vero e proprio materiale mediatico da utilizzare e riutilizzare in tutti gli ambiti dell’editoria specializzata. Cercare di individuare i fattori che rendono interessante un evento sportivo è spesso un compito arduo, ma nel caso di un torneo di poker è lampante come sia il rapporto tra buy-in e primo premio il fattore più spendibile per interessare il pubblico. Venendo a mancare uno dei termini, il premio in questo caso, sarà davvero difficile mantenere vivo l’entusiasmo del pubblico.
Da non sottovalutare il calo di immagine. Abbiamo lottato per anni affinché il poker si scrollasse di dosso l’immagine di un’attività da svolgere in una stanza blindata con la doppia porta, abbiamo lottato per farlo diventare un evento sportivo. Ora, alla prima difficoltà reale cosa stiamo facendo? Stiamo chiudendo realmente quella porta tornando a suggerire l’idea di bisca, di segreto, come se il poker e la struttura dei premi fosse qualcosa da tenere nascosto.
Nascondere i premi non serve, fa male al poker
Non è questa la direzione. Il poker deve girare a testa alta, fiero di sé e degli eventi che riesce a mettere in piedi. Continuando così rischiamo di perdere, nuovamente, la possibilità di unire le nostre voci in coro per difendere giocatori e appassionati dal trattamento iniquo che lo Stato sta riservando al movimento. Signori organizzatori, non continuate nascondendovi; non serve a nessuno, se non al vostro portafogli.
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scritto da Luca ‘ilFilosofo‘ Barbi