Si è detto che il WPT World Poker Tour di Venezia non è andato benissimo. Il numero di iscritti, appena 155, fanno pensare se si ripensa ai numeri che fino a qualche tempo fa un torneo così blasonato poteva portare.
Ricordo che quando vinse Alessio Isaia lo scorso anno l’evento fu atteso, desiderato e tutti noi giornalisti, che andavamo verso quei tavoli, ci sentivamo un po’ emozionati, un po’ come quando si va alle Wsop a Las Vegas, un evento esclusivo, prestigioso.
Vinse Alessio Isaia, ce lo ricordiamo bene, e sembrava quasi che l’Italia avesse vinto i mondiali; una gioia condivisa da meno persone, certo, ma che comunque è stata in grado di risvegliare in noi quel sano e piacevole campanilismo che è componente essenziale del tifo. Fu tutto molto bello, ma perché non ho provato nulla di simile questa volta? C’è qualche colpa? e di chi?
Effettivamente credo che il WPT World Poker Tour abbia qualche demerito. Le varie organizzazioni centrano poco o nulla: loro fanno richiesta, il WPT concede il marchio; il problema è che in troppi l’hanno chiesta e in troppi l’hanno avuta questa autorizzazione in Europa. Siamo passati ad avere ad esempio in Italia una tappa del World Poker Tour dopo due anni dove il torneo aveva “snobbato” il bel paese, ad averne qualcosa come quattro negli ultimi dodici mesi. E l’aurea del torneo che fine ha fatto?
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Fino a qualche anno fa il WPT era un circuito di prestigio; poche tappe organizzate alla perfezione e, sopratutto, univoche almeno nel continente di riferimento. Quando lo si giocava si spendeva volentieri qualche euro in più perché era un evento eccezionale. Oggi non è più così; perdendo l’aurea il WPT da torneo di nicchia è diventato un torneo costoso, ha perso gran parte del fascino che era in grado di suscitare e sarà difficile farglielo recuperare. Ma sicuramente i responsabili di questo grande marchio prenderanno le migliori contromisure per far di nuovo splendere al meglio questo presitigiso torneo di poker live.