Che cosa manca ai pokeristi italiani per essere a tutti gli effetti competitivi se confrontati ai colleghi stranieri? Se lo saranno chiesti in tanti osservando i deludenti risultati che le spedizioni azzurre hanno portato a casa durante gli appuntamenti in terra straniera.
Che cosa manca ai pokeristi italiani per essere a tutti gli effetti competitivi se confrontati ai colleghi stranieri? Se lo saranno chiesti in tanti osservando i deludenti risultati che le spedizioni azzurre hanno portato a casa durante gli appuntamenti in terra straniera.
Se lo saranno chiesti constatando che, anche nei tornei organizzati in Italia, i giocatori esteri riescono a eccellere senza troppi sforzi. Un esempio su tutti? Oleksii Kovalchuk, giusto per citare il caso più eclatante.
Eppure, nonostante l’evidenza li smentisca, i messaggi confortanti di un field italiano in continua crescita imperversa ormai da anni negli articoli e nelle trasmissioni televisive dedicate. Diversamente, la verità ci racconta di giocatori immaturi e scarsamente informati sulle strategie più avanzate richieste per affrontare con profitto i circuiti d’élite, di altri che non hanno la benché minima idea di cosa significhi gestire il proprio bankroll o, peggio, non immaginano nemmeno a cosa serva l’hand review.
Il popolo italiano del poker è composto per lo più da giocatori che vincono per bravura e perdono per sfortuna, da eterne vittime della varianza che raccontano lo scoppio di un paio d’assi come un uomo normale racconterebbe di una malattia. Ci sono quelli che settano scala al flop, quelli che non conoscono una parola di inglese ma pushano tutto al flop. Ci sono quelli che aprono per dieci con gli assi a un live perché non vogliono essere scoppiati e quelli che li limpano su un tavolo loose passive e poi si lamentano perché “quel co…one mi ha scoppiato con kappa e nove”. Ci sono quelli che non sanno cosa significa limpare e invece di chiedere preferiscono usare la parola a caso: «Ieri sera mi sono fatto una limpata che non t’immagini».
Poi ci sono quelli sempre sulla cresta dell’onda, quelli che li vedi perdere ai tornei ma vincono al poker cash, quelli che se perdono anche al poker cash è perché «È un periodo che vinco nei sit&go», ma solo perché non ne parte neanche uno. Quelli che mi fanno più ridere — e disperare — che si aprono una skin per sponsorizzarsi e continuare a perdere soldi ai live e quelli che non ci capiscono talmente un c…o che scambiano il floating con passività. Quelli che se li bluffi la prendono sul personale, quelli che si rispettano, quelli che ti mostrano l’asso dopo un raise per farti sapere che in fondo un po’ ti vogliono bene e quelli che ti chiedono scusa dopo aver fatto una porcata delle loro.
Ecco, allora, se andiamo a togliere tutti questi omini dalla lista dei giocatori di poker italiani otteniamo una prima scelta di poche decine di player che, in effetti, sono migliorati di molto durante gli ultimi anni e che promettono di regalare gioie all’Italia del poker.