Nel golf la Ryder Cup riesce ogni due anni a regalare grande spettacolo e crea uno spirito di squadra unico nei team Europa e USA. Come mai nel poker, altro gioco solitamente molto individuale, non si riesce a fare la stessa cosa?
Nel golf la Ryder Cup riesce ogni due anni a regalare grande spettacolo e crea uno spirito di squadra unico nei team Europa e USA. Come mai nel poker, altro gioco solitamente molto individuale, non si riesce a fare la stessa cosa?
Nel golf la Ryder Cup riesce ogni due anni a regalare grande spettacolo e crea uno spirito di squadra unico nei team Europa e USA. Come mai nel poker, altro gioco solitamente molto individuale, non si riesce a fare la stessa cosa?
Ci capita spesso di paragonare il gioco del poker ad altre discipline, decisamente più sportive in senso stretto, come il golf o il tennis. In tutti questi ambiti, i giocatori gareggiano quasi sempre individualmente e le sfide a squadre sono qualcosa di più raro. C’è una manifestazione però che ogni due anni riesce a generare un grandissimo show, risvegliando l’orgoglio e il senso di appartenenza di due continenti. Ci riferiamo alla Ryder Cup, manifestazione nata nel lontano 1927 che ad anni alterni mette a confronto i più grandi golfisti europei e statunitensi.
Da pochi giorni si è conclusa in Scozia l’edizione del 2014, che ha visto il vecchio continente trionfare con un punteggio di 16 punti e 1/2 contro 11 e 1/2. La coppa è rimasta così in Europa e il titolo è stato vinto per la terza volta, visto che anche nel 2012 e nel 2010 fu il colore blu ad affermarsi su quello rosso. Prendiamo spunto dunque da questo evento e da un interessante articolo del bravo giornalista britannico Lee Davy, per fare una riflessione collegata al poker.
Come mai con i pokeristi non si riesce a realizzare qualcosa di simile alla Ryder Cup? Sono stati fatti diversi tentativi, anche in tornei importanti, ma alla fine il poker è sempre tornato ad essere un gioco molto individuale. Eppure quando si tratta di tifare per un proprio connazionale alle WSOP, nessuno si tira mai indietro. Lo spirito nazionalistico emerge sempre, ma non basta.
Tra l’altro la formula della Ryder Cup ricorda molto quella di un possibile torneo di poker. Il tutto infatti viene diviso in Day 1, Day 2 e Day 3. In ogni giornata il gioco si svolge in maniera differente: a volte si gioca a coppie, altre volte singolarmente. Insomma, si potrebbe tradurre questo in partite heads-up mischiate ad altri tipi di gioco. Nei tornei magari c’è il rischio di collusion, meglio allora dei sit & go nei queli i componenti di un team possono o devono darsi il cambio dopo un tempo prestabilito.
La verità è che il poker fatica ancora ad essere inquadrato come una classica disciplina sportiva, per questo certi discorsi restano sospesi. In fondo ogni pokerista è libero di giocare a quello che preferisce con i suoi soldi. Certo, esistono classifiche, ranking e ci sono un sacco di belle idee per divertire il pubblico. Ma in fin dei conti tutto si può ridurre ad un gioco in cui è in ballo del denaro e tutto il resto è solo un contorno, qualcosa di più…