Vanessa Selbst: il tilt nel poker è difficile da accettare

Solitamente i giocatori professionisti più conosciuti nell'ambiente pokeristico sono molto restii a mettere a nudo i propri problemi e le proprie paure, soprattutto se legati al loro lavoro. Vanessa Selbst invece non si nasconde e racconta con tranquillità dei tilt di cui spesso è vittima.

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Solitamente i giocatori professionisti più conosciuti nell'ambiente pokeristico sono molto restii a mettere a nudo i propri problemi e le proprie paure, soprattutto se legati al loro lavoro. Vanessa Selbst invece non si nasconde e racconta con tranquillità dei tilt di cui spesso è vittima.

 

Si pensa che un giocatore che ha conquistato due braccialetti WSOP, un Partouche Poker Tour, due Latin American Poker Tour e oltre cinque milioni di dollari nei tornei dal vivo, sia uno che sbaglia di rado e che non hanno nulla da temere. Questo è quello che crediamo, ma i pro hanno le stesse paure e gli stessi problemi di tutti noi, solo che ne parlano di rado. Vanessa Selbst, invece, si racconta e lo fa sulle pagine del suo blog personale.

 

Spesso mi capita di ignorare il mio istinto ed effettuo delle giocate, anche se dentro di me so che sono sbagliate. Nella Premier League ho giocato due grossi piatti, che rispettivamente avrei dovuto abbandonare al turn e al river, ma in entrambi ho pagato fino alla fine. Perché ho fatto questo? Questa è una forma di tilt: non volevo perdere quei piatti e le mie emozioni si sono impadronite del mio cervello.

Non è semplice accettare che alcune cattive giocate siano colpa del tilt. È molto più semplice correggere gli errori strategici, che quelli emozionali e il tilt è una forma di errore a cui sono più propensa cadere rispetto a molti altri giocatori che conosco.

I miei tilt erano molto più frequenti quando non giocavo molto: insistevo nell'errore, forzavo la mano e come conseguenza il mio gioco peggiorava. Ora che sono tornata a giocare come un tempo, i tilt sono sempre meno frequenti perché so che fra pochi giorni posso rifarmi in un altro torneo. Sono due le cose che mi potrebbero aiutare: evitare di pensare al numero massimo di chips che ho raggiunto nel corso di un torneo, perché poi divento impaziente e tendo a farmi condizionare dalla dalla componente psicologica, mentre la seconda cosa è quella di essere consapevole del problema generale che può colpire un giocatore”.

 

Come si capisce da questo breve riassunto del post, la pro americana mette in luce come l'aspetto psicologico sia molto più importante di quello tecnico. Un giocatore finirà col rovinare il suo gioco e il suo bankroll se le emozioni dovessero prendere il sopravvento (tilt). Questo è uno di quei problemi che viene troppo spesso ignorato dai giocatori professionisti. 

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