Dopo Jerry Yang interviene anche Phil Galfond nella discussione partita dal reclamo di Joe Hachem verso i Campioni del Mondo WSOP degli ultimi anni, che sarebbero cattivi ambasciatori per il poker live.
Dopo Jerry Yang interviene anche Phil Galfond nella discussione partita dal reclamo di Joe Hachem verso i Campioni del Mondo WSOP degli ultimi anni, che sarebbero cattivi ambasciatori per il poker live.
Dopo Jerry Yang interviene anche Phil Galfond nella discussione partita dal reclamo di Joe Hachem verso i Campioni del Mondo WSOP degli ultimi anni, che sarebbero cattivi ambasciatori per il poker live.
Da quando il campione australiano Joe Hachem, vincitore del Main Event WSOP nel 2005, ha gettato il sasso, la discussione sul ruolo da ambasciatori del poker live dei Campioni del Mondo WSOP non smette di essere al centro dell’attenzione. Adesso è intervenuto anche Phil Galfond, uno dei giocatori di poker online più vincenti e considerato tra i capostipiti della New School del poker.
Ma al contrario di quanto si potesse pensare Galfond è piuttosto d’accordo con Hachem e sottoscrive il suo pensiero dicendo che, secondo lui, i giocatori della nuova scuola del poker sono poco comunicativi al tavolo quando giocano a poker live. “La maggior parte dei giocatori new school – dice Phil – quando sono al tavolo parlano di strategia con i propri compagni, usando parole che gli amatori non comprendono, quindi estromettendoli dal discorso. Non comunicano con loro, non sono quindi partecipativi. E quando sono ad un tavolo televisivo non dicono una parola.“
Ma Galfond non si ferma qui ed analizza la situazione in maniera più ampia. Dichiara infatti che la colpa è anche dei giocatori della vecchia generazione, che mostrano spesso una mancanza di rispetto per i giovani grinders, di fatto disprezzando il duro lavoro che questi fanno per il progresso del poker. “Penso che ci sia un certo risentimento per il fatto che siamo stati in grado di migliorare così rapidamente con la condivisione di conoscenze grazie a strumenti di studio e software vari“.
C’è insomma una certa distanza tra i giocatori della Old School e quelli delle nuova generazione. I primi non hanno troppa considerazione dei secondi che, di contro, quando sono al tavolo si rintanano nelle loro cuffie per ascoltare musica e comunicano poco con gli altri, messi anche in una certa soggezione dal modo di fare dei vecchi giocatori.
In conclusione per Phil Galfond non c’è un solo colpevole sul fatto che il poker stia morendo, come detto da Joe Hachem. Ma c’è un concorso di cola dei vecchi e nuovi giocatori. Basterebbe, sempre secondo quanto dice Phil, che la vecchia e nuova generazione di giocatori siano più comunicative tra loro e lavorassero assieme per la crescita del movimento e per rendere il poker un gioco più attrattivo ed interessante al grande pubblico.
Condizione necessaria se si vuole uscire da questo stato di empasse che ha colto il poker negli ultimi due anni.