Gioco online, Matteo Renzi auspica l’arrivo della digital tax entro il 2016

E’ tempo di legge di stabilità in politica.Il governo attuale ha inserito la possibilità di ricevere nuovi introiti, grazie all’arrivo della digital tax. Di cosa si tratta? Come può influire nel settore del gambling online? Scopriamo i dettagli di cosa comporterebbe l’attuazione di una simile tassa.

E’ tempo di legge di stabilità in politica.Il governo attuale ha inserito la possibilità di ricevere nuovi introiti, grazie all’arrivo della digital tax. Di cosa si tratta? Come può influire nel settore del gambling online? Scopriamo i dettagli di cosa comporterebbe l’attuazione di una simile tassa.

Lo spauracchio della “digital tax” è in giro da un paio di anni. La comunità europea, al momento, ha fatto orecchie da mercante. Per il nostro premier, Matteo Renzi, pare che i tempi siano maturi per avere le prime risposte dall’UE in merito, dichiarando di aspettare entro il primo semestre del 2016.

Cos’è la “digital tax”? Un meccanisco per far pagare le tasse nei luoghi in cui sono state fatte le transazioni. Gli obiettivi principali, nemmeno tanti nascosti sono Google e Facebook in primis, ma sarebbe una tassa che avrebbe ripercussioni anche nel mondo del gambling.

Gli anglosassoni, proprio per questo settore, l’hanno introdotta nel 2015. Per tutte le scommesse piazzate all’interno della Gran Bretagna, le società devono versare il 15% all’erario sul profitto lordo. Uno scacco matto a tutte le società con sede a Gibilterra, Isola di Man e Malta.

Il criterio che si vuole attuare in Italia è semplice, l’attuazione meno. La previsione è quella per la quale le società non residenti in Italia, che fanno transazioni digitali all’interno

del nostro paese, per sei mesi continuativi ed un fatturato di almeno 5 milioni annui, debba essere applicata la fiscalità italiana. Per tutti gli altri soggetti si applica una ritenuta del 25%.

Perchè l’attuazione è complicata? Si verrebbe a creare una situazione di doppia tassazione, per la quale la maggior parte degli accordi bilaterali hanno il divieto di applicazione. Caso nel quale ricadrebbe la quasi totalità dei brand nel settore gambling online in Italia. Società che detengono la concessione italiana (ottenuta pagando una cospicua somma) ed hanno sede all’interno della comunità europea.

Posizioni tollerate a livello europeo, che l’Italia con l’Agenzia delle Entrate spesso prova a mettere in discussione, non ultimo il caso di Pokerstars di qualche mese fa.

In conclusione c’è il rischio di aumentare l’incertezza in un settore che sta cercando certezze, con l’avvento di questa “digital tax” così com’è stata proposta. Il rovescio della medaglia, un po’ utopico nonostante le cifre ‘a detta dei politici’ non sposterebbero tanto, sarebbe quello di trovare tramite questa tassa un viatico verso l’unificazione del settore a livello europeo, con queste società pronte a pagare quanto dovuto ai vari erari degli stati per le singole transazioni, per pagare a livello societario le tasse al netto di queste successivamente.

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