Gente di Poker: Jack ‘Treetop’ Straus e la sua benedetta fiches da 500

A chip and a chair. Quante volte abbiamo sentito, o detto noi stessi, questa frase dal suono vagamente pugliese… in pratica significa che c’è sempre speranza, che non si deve mollare mai anche quando sei rimasto solo con una chip.

Nella realtà dei fatti, a meno che la chips in questione non valga 10K su bui 25-50, di solito dopo poco resta solo una chair in sit out e nessuna traccia della chips. Va bene la speranza, ma come dice il proverbio chi visse sperando morì… Comunque sia, tornando a noi, l’inventore, se così si può chiamare, di questa mitica frase è proprio lui, Jack Straus, detto Treetop (letteralmente cima d’albero) per via della sua considerevole altezza.

Ed ovviamente c’è l’aneddoto mistico, romantico ed anche un pò magico che sta alla base del conio di questa frase. Siamo al main event WSOP del 1982, 104 giocatori iscritti. Le due edizione precedenti sono state vinte da Stu Ungar, un nome che non lascia indifferenti nel mondo del poker. Straus perde un all-in, si alza dalla sedia e si allontana dal tavolo convinto di essere stato eliminato. Qualcuno lo avvisa che non è stato eliminato perché gli è rimasta una singola fiches da 500. Come finisce questa storia? Ovviamente Jack Straus vinse il campionato del mondo di poker di quell’anno ed intascò ben 520mila dollari.

Straus nasce il 16 giugno 1930 a Travis in Texas. Ho sharkato la città, attualmente conta meno di 60 residenti! Laureatosi con buoni voti all’università, decide di intraprendere la carriera di giocatore di poker live dopo aver abbandonato il lavoro di insegnante. Agli inizi degli anni 60 si sposta dal Texas a Las Vegas, sempre in cerca di maggior azione tra grosse vincite e altrettanto disastrose perdite. Si narra che nel 1970 aveva perso letteralmente tutti i suoi soldi durante una scriteriata sessione di poker.

Gli restano solo 40 dollari; si alza dal tavolo da poker e si sposta a quello del black jack dove punta tutti gli ultimi suoi averi in un’unica mano e vince 500 dollari. Torna al tavolo da poker e li trasforma in 4.000, va di nuovo al black jack ed il suo capitale diventa di 10 mila dollari, va in sala scommesse e punta tutto sul Kansas City Chiefs nel Super Bowl e contrariamente a ciò che insegnerebbe una morale comune, vince pure li e chiude la giornata a 20mila dollari. Insomma, non una perfetta gestione del bankroll, ma di sicuro una persona che non scende a compromessi.

L’atteggiamento nei confronti della vita per Straus era molto semplice. Vivere e giocare. Traduco testualmente una delle sue rare interviste scritte “Ho solo una limitata quantità di tempo su questa terra ed io voglio vivere al meglio ogni secondo di essa. Ecco perché io sono disposto a giocare contro chiunque al mondo ed a qualunque importo. Non importa chi sono i miei avversarsi. Una volta che hanno davanti 100 o 200mila dollari per me hanno tutti lo stesso aspetto. Sembrano tutti dei draghi, ed io voglio soltanto ucciderli.”

Vagamente competitivo Straus, forse si considerava un moderno cavaliere con la differenza che invece di salvare la principessa dal drago, si intascava i suoi soldi! Sei anni dopo aver vinto il main event, il 17 agosto 1988, Straus ha avuto un infarto fatale mentre giocava a poker al Bicycle Club di Los Angeles. E’ venuto a mancare facendo quello che più gli piaceva fare. Inserito quello stesso anno nella Poker Hall Of Fame (lo stesso anno di Doyle Brunson) è uno dei tre giocatori della Hall of Fame ad essere morti durante una partita. Di lui scrisse The Poker Legend Doyle Brunson: “Jack Straus, uno dei grandi narratori e personaggi del poker, era parte integrante del lavoro.”

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