E’ fin banale dirlo, ma chi di noi non ha mai detto una mezza preghiera durante un coin flip decisivo, o mentre stava per scendere un river che poteva lanciarci al tavolo finale oppure cadere rovinosamente nelle ultime posizioni del count? Ben in pochi, siamo onesti.
E’ fin banale dirlo, ma chi di noi non ha mai detto una mezza preghiera durante un coin flip decisivo, o mentre stava per scendere un river che poteva lanciarci al tavolo finale oppure cadere rovinosamente nelle ultime posizioni del count? Ben in pochi, siamo onesti.
Ma cosa succede quando un ragazzo che ha fatto del poker la propria professione si deve confrontare con una fede e degli insegnamenti ultra ortodossi? E’ questo lo strano caso di Alan “Ari” Engel. In un intervista rilasciata al quotidiano online torontolife, Ari parla di come sia stato e di come sia tutt’ora difficile rapportare la propria professione con la propria fede. Gli antichi rabbini dicevano sui giocatori d’azzardo: “Quali crimini commettono i giocatori? Essi non si occupano del benessere del mondo” Questa frase è stata parte integrante della formazione scolastica di Ari, quando da ragazzo frequentava la scuola teologica ortodossa nei pressi di Chicago dove trascorreva quattrodici ore al giorno a studiare i testi sacri.
Gli era stato inculcato che il gioco, in tutte le sue forme a denaro, era simile ad una rapina e ad una forma di usura. Suo padre era un rabbino la cui carriera l’ha portato nelle congregazioni di tutto il mondo. Nato a Toronto, ha vissuto in Sud Africa, in Australia ed infine negli Stati Uniti. Dopo il diploma di scuola superiore Engel ha studiato un anno a Gerusalemme, dove i suoi genitori auspicavano per lui una carriera religiosa.
La realtà dei fatta sarà ben diversa però. Laureatosi a New York in finanza e gestione aziendale Alan sperava di lavorare a Wall Street finendo però al servizio clienti di una società di software. Sottopagato e scoraggiato dalla professione, grazie ad un amico scopre il poker online e decide di fare un versamento di 150 dollari su Bodog. Nel primo fine settimana ha in conto oltre 15mila dollari. Decisamente una God Run, tanto per restare in tema religioso, ma di sicuro sufficiente ad abbandonare il lavoro per provare a sbarcare il lunario giocando a poker.
Ora restava solo da dirlo ai genitori. Alan era più preoccupato della loro reazione come ebrei praticanti che non come genitori. Spesso ai tavoli live Alan indossa il kippah, il tipico copricapo usato dagli ebrei ortodossi, come richiesto dal talmud, uno dei più conosciuti testi sacri dell’ebraismo, ma la vera difficoltà per Ari è quella di conciliare la professione con la fede. Passa ore a discutere l’argomento con studiosi e rabbini. Loro ammoniscono l’avidità di scommettere del denaro, la pigrizia di giocare invece che lavorare e la leggerezza di dedicare la vita alla ricerca della fortuna.
Alan controbatte sostenendo che il poker non è un gioco di sola fortuna, ma una professione a tutti gli effetti, tanto come l’acquisto di immobili od azioni: occorre un calcolo preciso, per il quale serve intelligenza, aggressività e rischio. Il resto è storia nota. Con 140 ITM live ha raccolto un bottino di due milioni di dollari su cui spiccano sette anelli WSOP circuit e più di ottomila tornei online che gli hanno fruttato oltre cinque milioni di dollari di vincite.
Certo, magari dicendo una mezza preghiera prima che scenda il river, che non guasta mai!