Caro Ministro, mi trovo oggi a scrivere questa lettera indirizzandola virtualmente a Lei, perchè il rumore fatto nelle settimane precedenti non è servito a nulla; sì probabilmente era solo rumore indistinto e un po’ confuso, ma vorrei cercare di spiegarle il punto di vista di chi come me, lavora da quasi 15 anni con orgoglio nel gioco d’azzardo legale.

Caro Ministro, mi trovo oggi a scrivere questa lettera indirizzandola virtualmente a Lei, perchè il rumore fatto nelle settimane precedenti non è servito a nulla; sì probabilmente era solo rumore indistinto e un po’ confuso, ma vorrei cercare di spiegarle il punto di vista di chi come me, lavora da quasi 15 anni con orgoglio nel gioco d’azzardo legale.

E sì, lo chiamo azzardo, perchè a parte qualche raro caso che preferirei denominare “gioco di abilità”, come il poker Texas Hold’em o varianti simili o come le scommesse sportive, per la capacità di alcuni giocatori di individuare le quote “sbagliate” dal bookmaker, o per lo studio approfondito del risultato, in fondo di gioco d’azzardo si tratta; perchè la maggior parte di chi gioca a Texas Hold’em o scommette, in fondo in fondo lo fa spingendo le chips nel piatto, o scommettendo a sentimento su quello che gli piace in quel momento.

Per cui, bene, parliamo di azzardo e del fatto che a parte pochi, la maggior parte di chi partecipa a questo mercato come cliente finale, alla fine perde. E aggiungo che giustamente perde, altrimenti i Casinò o i Bookmaker dopo un certo periodo chiuderebbero. Quindi è insito nel mercato che la maggior parte di chi gioca perda.

E di norma perde una cifra che può permettersi di perdere, poche decine di euro, o magari centinaia, ma comunque in proporzione ai propri beni e con finalità strettamente ludiche; come chi andasse due volte a settimana al cinema e a mangiare fuori perderebbe parte del suo denaro in cambio di beni e servizi, anche chi si diletta nel Texas Hold’em o nelle scommesse sportive lo fa investendo delle somme in cambio di un servizio, il divertimento. E ogni tanto vincendo qualcosa gli tornerebbe in tasca, ma di norma a fine anno ha perso più di quanto ha vinto.

In questo panorama, che rappresenta un mercato sano, si inserisce la patologia, come in quasi tutti i mercati che potremmo prendere in considerazione. Il mercato dell’auto ha i suoi morti per le strade, quello degli alcoolici miete moltissime vittime ogni anno, per non parlare del fumo. Ho citato questi tre per una ragione specifica. Nessuno si è mai sognato, nè si sognerebbe di vietare le pubblicità di automobili, molti invece vorrebbero limitare quelle degli alcoolici, che a parte qualche scritta poco leggibile, rappresenta gente felice che si riempie d’alcool senza conseguenze; infine quella sul fumo è stata bloccata già parecchi anni fa.

Quale è l’effetto di fermare la pubblicità di qualcosa? Intanto il termine pubblicità significa “portare a conoscenza di” e in diritto abbiamo la pubblicità della proprietà dei beni mobili (il possesso), o dei beni mobili registrati (il PRA) e infine dei beni immobili (il registro immobiliare). Ognuna di queste pubblicità ha lo scopo di portare a conoscenza di tutti, ragionevolmente, dei fatti notori, come appunto la proprietà di un bene.

Nel mercato, quella che chiamiamo pubblicità o meglio advertise, ha lo scopo da un lato di portare a conoscenza di una platea di riferimento dell’esistenza di un prodotto, dall’altro quello di invogliare a comprarlo, nei limiti di correttezza informativa, stabilita in Italia da un codice etico, lo IAP, giunto alla 64a edizione nel Maggio del 2018. Senza addentrarsi nell’analisi approfondita, il codice dovrebbe impedire quella che chiamiamo pubblicità ingannevole. In ultima istanza l’AGCOM si occupa di intervenire dove l’autodisciplina fallisce.

Ma la pubblicità ha anche lo scopo primario, quello che abbiamo descritto prima per i beni mobili, cioè dare informazioni utili, legali, normative e pertanto mentre una pubblicità ci invoglia a comprare un alcoolico, ci avverte di non guidare. Così mentre un operatore pubblicizza un bonus, informa sui possibili problemi patologici. Allo stesso modo in una pubblicità su un operatore di trading si informa del rischio che corre un capitale.

Pertanto un mercato sano si autoregolamenta e dove non arriva autoregolamentandosi, viene regolamentato dallo Stato. Regolamentato però, non vietato. Vietare totalmente la pubblicità elimina da un lato il potenziale abuso dello strumento, ma dall’altro elimina anche la possibilità di usarlo in maniera costruttiva.

E dal momento che non viene vietato il gioco e men che meno viene vietato in modo coercitivo di utilizzare anche operatori non legali affianco di quelli legali, la mancanza della pubbicità impedisce di sapere chi sia legale e chi no. Pertanto normare il modo in cui avviene la pubblicità è una cosa positiva, limitarne l’uso in certe fasce orarie è sacrosanto. Vietarla tout court è quasi dannoso.

Andrò al punto Ministro Di Maio, da quasi 15 anni pubblico e faccio pubblicare nei miei portali notizie sui giochi d’azzardo legali ed autorizzati, sulle scommesse, sul poker e i casinò e l’ho sempre fatto tenendo la barra dritta. Dando sempre le informazioni corrette a chi mi legge, istruendo su concetti quali il bank roll, che se non sa cos’è e immagino non sia tenuto a saperlo, sarò felice di spiegarLe. E sì, facendo pubblicità agli operatori legali, perchè loro mi hanno sempre pagato per farlo, ovviamente nella consapevolezza che da me potevano avere recensioni oneste e oggettive, mai cose non lecite. E chi mi conosce nell’ambiente le potrà dire con certezza quanto sia difficile a volte avere a che fare col mio carettere orgoglioso e fumantino.

Il Suo decreto sta eliminando completamente la pubblicità relativa al gioco d’azzardo. Ministro, non lo faccia. Qualche anno fa i vari Ministri succedutisi al MEF hanno operato i cosiddetti “tagli lineari”, li ricorda? Tremonti prima, poi Padoan. I tagli lineari hanno la comodità di sforbiciare i bilanci e riportarli nei limiti richiesti, ma dall’altro lato non guardano in faccia a nessuno e non valutano le reali necessità.

Allo stesso modo eliminare totalmente la pubblicità è comodo, ma non è difficile. E in politica le cose che poi funzionano meglio sono quelle difficili, non quelle comode.

Ministro, ho idee da 15 anni in merito a questo mercato e mi piacerebbe almeno potergliene parlare in serenità e ragionare insieme di cosa si può fare di difficile per rendere questo mercato sano e funzionante dopo anni di far west e discipline farraginose.

In alternativa può proseguire per questa strada che vieta tutto senza valutare niente, ma le prometto che non risolverà nessuno dei problemi che sta, in onestà intellettuale, cercando di risolvere.

Spero di poterla un giorno sentire e nel frattempo le auguro buon lavoro.

Tiberio Redaelli

reda@pokeritaliaweb.org

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