Un post su Facebook ha generato un’interessante discussione riguardo alla presunta crisi del poker e alle strategie delle poker room. Simone Ruggeri sostiene che non c’è nessuna crisi del gioco stesso ma del marketing sì.
Un post su Facebook ha generato un’interessante discussione riguardo alla presunta crisi del poker e alle strategie delle poker room. Simone Ruggeri sostiene che non c’è nessuna crisi del gioco stesso ma del marketing sì.
Un post su Facebook ha generato un’interessante discussione riguardo alla presunta crisi del poker e alle strategie delle poker room. Simone Ruggeri sostiene che non c’è nessuna crisi del gioco stesso ma del marketing sì.
Ultimamente si parla molto della crisi del poker, in particolare per quanto riguarda l’online. C’è però chi va controcorrente e non vuole sentire parlare di questa presunta crisi. Simone Ruggeri ha pubblicato su Facebook il suo pensiero a riguardo, puntando il dito contro le poker room e il marketing, che vende il gioco del poker come un qualcosa in più rispetto aglli altri prodotti. Non c’è dunque un vero interesse a far crescere il poker, sebbene sia sempre amato dagli appassionati.
Leggiamo il post di Ruggeri… “Non c’è nessuna crisi nel poker. Il poker è un bellissimo gioco ad informazione incompleta. La crisi è nel marketing del poker, perché chi vende il prodotto poker non ha VERO interesse nel venderlo. ll poker è messo molto peggio della sigaretta elettronica venduta dalla Marlboro. Se c’è stato un boom del poker è stato grazie alla qualità intrinseche del prodotto e ad un ottimo marketing portato avanti da Pokerstars e Full Tilt. Due società con una storia differente, che avevano l’obiettivo di vendere il poker, e non di massimizzare il proprio profitto sul breve periodo. Da dopo quel venerdì nero Full Tilt non esiste più, e la vecchia proprietà Pokerstars è stata costretta a fare una politica di contenimento dei danni per poi vendere ad un colosso del gaming“.
Ruggeri continua poi specificando meglio il suo pensiero: “Le poker room vere e proprie non esistono più: ci sono aziende che offrono gioco d’azzardo, scommesse… e poker. La cosiddetta crisi del poker deriva dal fatto che il poker attualmente non è l’interesse di nessuna azienda: l’interesse è togliere soldi ai giocatori. Il poker serve come specchietto per le allodole, l’interesse vero è che l’utente clicki le macchinette online (truffe legalizzate vere e proprie, perché il guadagno della azienda è sproporzionato rispetto al servizio offerto), o che scommetta con delle quote da fame. Quindi sì.. in un certo senso è tutto truccato“.
In risposta ad alcuni commenti, Ruggeri aggiunge anche: “ La maggior parte delle società di gaming hanno il poker perché lo devono avere, ma non è visto di buon occhio perché il poker è il contrario del gioco d’azzardo! Se uno ha capito un minimo il poker, un gratta e vinci non lo comprerà MAI PIU’. Con ciò non voglio dire che tutti i giochi -ev non abbiano senso. Anzi, anche il poker è -EV per la maggior parte dei giocatori… se non fosse che tutti guadagnano divertimento, qualcuno guadagna di imparare cose che gli servono anche nella vita di tutti i giorni. Alcuni esempi di giochi -ev che hanno senso sono le scommesse sportive (se scommetto mi diverto a vedere la partita, quindi pago per un servizio), oppure giochi in cui c’è un grande montepremi per un piccolo prezzo (se la parte di montepremi che va al giocatore è congrua rispetto al servizio offerto)“.